Negli ultimi giorni a seguito dell’esondazione avvenuta con il maltempo del 10 novembre scorso, si è parlato e discusso molto dei danni inferti al settore della piccola pesca e della diportista che trovano ormeggio nelle banchine vicino alla foce del fiume Mazaro. Purtroppo quando si parla di fiume Mazaro, nella prospettiva mazarese ci si limita a considerare quella “parte urbana” in prossimità della foce denominata “porto canale”. Bisogna ricordare però che il Màzaro è un fiume (a volte chiamato fiumara) lungo 30 km che nasce dalle fonti di Rapicaldo (nel territorio comunale di Salemi) e che prima di sfociare attraversa il territorio di Mazara del Vallo.
Pertanto una esondazione dello stesso fiume arreca danni, spesso irreparabili, anche ad aree agricole. A sottolinearlo sono tre agricoltori Andrea De Simone, Francesco Musso, e Aldo Calamia: “per chi non lo sapesse, prima di arrivare a valle nel porto canale –ha scritto Francesco Musso- le acque del fiume Màzaro con veemenza e portate mai viste forse nell'ultimo mezzo secolo o più, hanno attraversato diversi chilometri del nostro agro-mazarese lasciando dietro di sé solamente distruzione e danni alle colture e alle strutture con vigneti letteralmente buttati già come fuscelli, alberi eradicati come semplici piantine, con migliaia di metri cubi di suolo persi e con argini dello stesso fiume erosi dalla furia dell'acqua.di questi danni sino ad oggi non ne ha parlato nessuno vuoi perché l'agricoltura a Mazara non è considerata un polmone economico vuoi perché non fa "audience" come altre tematiche e/o comparti!” Ma non finisce qui! Nel senso che uno di questi agricoltori, Andrea De Simone, spesso impegnato sui temi della salvaguardia ambientale, ci ha segnalato una grave anomalia scoperta proprio nell’entroterra mazarese solcato dal fiume Mazaro, nella cosiddetta zona “fiumara” (un’area prima di arrivare a Borgata Costiera) dove probabilmente le acque si sono ingrossate caricando terra e tutto ciò che incontrava nel suo percorso.
Così ieri pomeriggio De Simone insieme ad altri operatori ha scoperto una vera e discarica a cielo aperto tra l’altro vicino ad uno dei pozzi comunali importantissimi x la città. La scoperta avvenuta in quanto lo stesso ha visto una colonna di fumo non distante dal luogo del sopralluogo volto a verificare i danni nei terreni agricoli a seguito della piena del Mazaro. Probabilmente qualcuno aveva appiccato artatamente un incendio per bruciare qualcosa. Sconvolgente quello che è stato scoperto (vedi foto di copertina): rifiuti di ogni genere, fra i quali anche una montagna di materiale tossico e sfabbricidi.
E come se non bastasse, accatastate ed avvolte fra le fiamme anche delle teste di grossi tonni con le relative carcasse, buttate da qualche incivile operatore ittico dopo aver prelevato la carne da commercializzare. Probabilmente si tratta di una partita di tonno illegale (considerate le ristrette “quote-tonno” assegnate dall’Iccat) ed i cui resti (vedi foto n.2) erano necessario far “scomparire”. Nella discarica evidente la presenza di materiale da pesca, cassette e reti Da quanto raccontato da De Simone nell’area si respiravano odori nauseabondi.
Sarebbero state così informate le Autorità comunali, fra le quali anche l’Aro per un intervento al fine di rimuovere quella pericolosa catasta. Non vorremmo che fra i moltissimi operatori della pesca, e del suo indotto, che si lamentano delle condizioni del porto canale, ormai innavigabile e necessitante di un’escavazione (attesa da circa 40 anni) non vi siano alcuni individui (sarebbero una piccola minoranza) che allo stesso tempo si rendono protagonisti, forse tramite terzi, della creazione di vere discariche aperte in diverse zone della Città (lo abbiamo più volte evidenziato), fra le quale anche un tratto interno dello stesso fiume Mazaro, lì dove nessuno purtroppo riesce a controllare.
Francesco Mezzapelle