Mi sento un doppio privilegiato, sia perché un lavoro ce l’ho ma anche perché ho fatto della mia passione un lavoro. In passato ho combattuto nelle giuste sedi per il riconoscimento dei miei diritti e se occorresse continuerei a farlo. Ora come in passato mi interrogo su chi un lavoro non ce l’ha o è sottopagato. Condizione che conosco bene avendola vissuta personalmente in passato. Ho molti amici e conoscenti disoccupati, precari, sfruttati. Ho amici imprenditori che pur facendo immensi sacrifici riescono a malapena a pagare tasse, stipendi e fornitori.
E che ora in particolare vivono momenti di angoscia. Lottare perché tutti abbiano un lavoro equamente retribuito è un dovere. Ma guai ad abbassare l’asticella dei diritti. Guai, appena l’emergenza sanitaria sarà finita, speriamo presto, a tornare alle vecchie pratiche del lavoro sottopagato o dei finti tirocini. Se lo Stato vuole attuare realmente l’art. 1 e l’art. 4 della Costituzione dia liquidità alle imprese, renda il pagamento delle tasse conveniente oltre che giusto e promuova un grande piano di sgravi contributivi per l’assunzione di lavoratori.
Consenta alle famiglie di pagare le tasse applicando il quoziente familiare sul modello ISEE (più la famiglia è numerosa meno tasse si pagano) e non come avviene ora solo in base al reddito con qualche detrazione e assegni familiari ridicoli. Anche così si crea lavoro. Perché un euro in più in tasca alle famiglie è certamente denaro che rientra subito nel circuito economico. E allora buon 1 maggio a tutti! A chi un lavoro ce l’ha ma soprattutto a chi rischia di perderlo, affinché lo ritrovi e lo conservi.
E a chi lo cerca, affinché lo trovi o lo crei, sia esso subordinato, autonomo purché dignitoso ed equamente retribuito. Salvatore Ettore Bruno