Protesi d'anca: quando, come e perché. Ne parliamo con il dottor Danilo Di Via

Nuovo approfondimento nella nostra rubrica medica a cura del dottor Di Via.

Redazione Prima Pagina Trapani
Redazione Prima Pagina Trapani
27 Aprile 2023 13:37
Protesi d'anca: quando, come e perché. Ne parliamo con il dottor Danilo Di Via

La sostituzione protesica dell’anca rappresenta uno degli interventi di maggior successo della medicina moderna. Raffigura la soluzione più efficace per l’artrosi avanzata, patologie displasiche dell’anca e delle fratture mediali del collo femore. Basti pensare che nel 2005 negli USA sono state impiantate circa 208 mila protesi e si stima che nel 2030 gli impianti saranno oltre 570 mila.

Nei casi di coxartrosi, alcuni dei sintomi che il paziente manifesta sono: dolore inguinale, difficoltà nel mettere le calzature, fare le scale, salire e scendere dall’auto. Inoltre il dolore tende a manifestarsi in maniera sorda e continua, fino a rendere la qualità di vita del paziente molto scadente.

La diagnosi viene svolta attraverso un’accurata anamnesi ed esame clinico del paziente, infatti oltre alla valutazione della mobilità articolare, vi saranno dei test specifici che evocheranno il dolore articolare, i test di: Faddir e Faber (figure); fondamentali risulteranno anche delle radiografie del bacino e delle anche per valutare lo stato dell’articolazione. Una volta posta la diagnosi, in accordo con il paziente si pone l’indicazione all’intervento, che oggi in Italia è svolto in moltissimi nosocomi, sia pubblici che privati convenzionati SSN. 

Ma in cosa consiste una protesi totale di anca? Essa consta di diverse componenti, che vengono impiantate per sostituire l’articolazione originale, ossia: lo stelo femorale in titanio, che viene inserito all’interno del canale femorale e può essere biologico: cioè favorisce la crescita di tessuto osseo attorno alla sua superficie e si andrà ad osteointegrare con il femore; oppure cementato nei casi di osteoporosi. La coppa generalmente anch’essa in titanio che si impianta nell’acetabolo, porzione anatomica del bacino. L’inserto solitamente in polietilene o ceramica che si frappone tra la coppa acetabolare e la testina che si inserisce nello stelo (che può essere in ceramica o metallo).

L’intervento si può realizzare attraverso diverse vie d’accesso chirurgiche all’articolazione, a seconda dell’esperienza del chirurgo e degli strumentari a disposizione. Ognuna di esse presenta vantaggi e svantaggi, ma diversi studi hanno dimostrato che ciascuna nel lungo periodo, se ben eseguita, porta agli stessi risultati clinici. Il tipo di protesi può essere può essere standard o a doppia mobilità; Quest’ultimo tipo nato in Francia, negli ultimi anni sta avendo molto successo, in quanto aumenta la mobilità articolare e diminuisce il rischio di lussazione.

Come tutti gli interventi può presentare dei rischi, per questo e bene essere resi edotti sulla procedura, inoltre il paziente dovrà sottoporsi ad accertamenti pre-operatori per valutare che non vi siano controindicazioni e per svolgere l’intervento nella massima sicurezza. L’intervento può essere svolto in anestesia spinale o generale e la sua durata generalmente varia da una a due ore. Nel post intervento il paziente avrà a disposizione dei farmaci analgesici per sentire poco dolore e permettere una rapida ripresa della deambulazione, che con ausilio di stampelle, sarà possibile generalmente l’indomani dell’intervento o addirittura il giorno stesso, ovviamente assistiti da personale ospedaliero.

La degenza se non vi sono complicanza varia dai 3 a 5 giorni, dopo di che si potrà tornare a casa e se indicato svolgere una blanda attività di fisioterapia. Per i primi 40 giorni post-intervento, sarà necessario effettuare una terapia anti-tromboembolica, utilizzare una o due stampelle ed eventualmente una calza elastica. Inoltre il paziente nel primo mese soprattutto dovrà evitare alcuni movimenti che potrebbero mettere a rischio di lussazione la protesi, come extra-rotazioni dell’anca, accavallare le gambe, chinarsi in avanti o sedersi in postazioni molto basse.

A sei mesi dall’operazione il recupero e pressoché completo ed il paziente potrà svolgere tutte le normali attività quotidiane. Sport consigliati per mantenere e implementare la muscolatura saranno cyclette e nuoto. Ovviamente bisognerà avere delle accortezze, in quanto alla stregua di un’auto, le componenti sono soggette ad usura nel tempo, per cui è bene svolgere dei controlli periodici dallo specialista ortopedico coadiuvati da RX ogni 1-2 anni. Ad oggi si stima che una protesi possa durare 20-25 anni, se non emergono complicanze e nel tempo se vi dovesse essere la necessità si dovrà effettuare un “tagliando” andando a sostituire le componenti soggette ad usura, come l’inserto e la testina.

Per garantire una lunga vita alle componenti protesiche alcuni consigli saranno quelli di evitare tutte le attività che vadano a sovraccaricare la nuova articolazione (attività sportive come corsa e sport da contatto), mantenersi in forma attuando un sano stile di vita, evitare di prendere peso o dimagrire se si è in sovrappeso e mantenere un buon trofismo muscolare.

Dott. Danilo Di Via

Medico presso:

I.O. Gaetano Pini Milano

Clinica Ortopedia e Traumatologia Catania

Direttore: Prof. Vito Pavone

Associato: Prof. Gianluca Testa

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