Tredicesima puntata della rubrica storica che approfondirà le origini dei quartieri trapanesi: un ritorno al passato, per conoscere meglio la storia della città dei due mari e delle strade che ogni giorno percorriamo. Il rione Santa Teresa del Bambin Gesù, nonostante sia un quartiere della Trapani moderna, ha senza dubbio donato alla città tantissimi spazi ed edifici che sono, ad oggi, impressi nella memoria di tanti trapanesi. Una vera e propria istituzione di questo quartiere è, senza dubbio, la struttura “Serraino-Vulpitta” in Via Segesta.
La sua storia iniziò nel 1926 quando il Comune di Trapani, precisamente il 31 luglio, cedette gratuitamente al signor Giuseppe Serraino Vulpitta – nato a Trapani nel 1861 – un’aria di 31.549 mq con l’obbligo di costruire, a sue spese, un tubercolosario. Appena costruito, l’istituto divenne immediatamente un ricovero per tanti trapanesi ammalati di tubercolosi.
Ed è proprio per loro che vennero fatte le verande così grandi, proprio come lo sono adesso: nelle giornate di sole, infatti, i letti venivano portati fuori. Il sole, ovviamente, non era diretto. Nei pilastri, infatti, vi erano applicati dei ferri che servivano per tenere ben tese delle tende telate, in modo da creare calore e aria pulita da respirare. Alla momento della morte, avvenuta nell’ottobre del 1927, Serraino Vulpitta lasciò tutte le sue proprietà – tra cui capannoni ed ex stabilimenti di lavoro nell’odierna Piazza Giangiacomo Ciaccio Montalto – al tubercolosario che ospitò tantissimi ammalati – insieme all’istituto “Torrebianca” - fino al 1965 quando, finalmente, la tubercolosi era vinta.
Inizialmente privata, la struttura passò successivamente in mano pubblica. Unitosi con l’Ospizio Principe di Napoli, nacque la Casa di Riposo “Serraino Vulpitta”, portando la struttura ad avere il riconoscimento di istituto pubblico di assistenza e beneficienza. Negli anni le sue funzioni furono diverse: fu un cronicario, una casa di riposo ma anche un’accoglienza per i migranti. E negli anni, nonostante l’abbandono fosse spesso percettibile, non ha mai smesso di essere un pezzo di storia grazie, anche, agli ospiti della casa di cura che raccontavano, con passione, la storia della città.
E, a volte, erano gli stessi ospiti ad essere dei pezzi importanti della nostra città. Lo era, ad esempio, Domenico Li Muli, per anni ospite della casa di cura. Li Muli fu senza dubbio l’artista più noto della nostra città negli anni del dopoguerra. Caposcuola di una componente artistica che si era inserita nel tessuto sociale delle correnti artistiche più avanzate, costruì la fontana del Tritone, che rimane una delle sue opere più note. È, quindi, indiscutibile l’importanza della struttura per la città.
Ma è indiscutibile, anche e soprattutto, l’abbandono dell’edificio che da anni è visibile agli occhi di tutti. Oggi, infatti, quella che era una grande area isolata ma piena di alberi, è diventato un rudere. E dimostra, ancora una volta, la poca voglia di mantenere la storia della nostra città ma, soprattutto, la storia di tutti noi trapanesi. Chiara Conticello