E’ una Pasqua molto particolare quella vissuta dalla marineria mazarese. Diversi pescherecci, considerato anche il maltempo che per diversi giorni aveva costretto a rimar ormeggiati in porto, non sono tornati a Mazara del Vallo per le festività pasquali. Fra questi anche i due motopesca “Medinea” ed “Antartide” che erano stati sequestrati 108 giorni a Bengasi, tornati a pescare lo scorso febbraio dopo i lavori di manutenzione a causa dei danneggiamenti e furti subiti durante il fermo forzato nel porto della Libia Cirenaica.
In questo mesi di aprile, come del resto ogni anno, è di fatto iniziata la stagione di pesca del gambero rosso. La zona di pesca dove “storicamente” (cioè da quando alla fine dalla metà degli anni ’90 è iniziata la corsa al cosiddetto “oro rosso”) i pescatori di Mazara del Vallo effettuato questo tipo di pesca si trova nelle acque internazionali antistanti la Libia che però nel 2005 (quando ancora era sotto la guida del colonnello Gheddafi) ha dichiarato unilateralmente (senza ricevere consenso formale da un’autorità internazionale) la Zona Economica Esclusiva che si estende 62 miglia in acque internazionali oltre le 12 territoriali.
Da quel momento la “guerra del pesce” che negli anni prima aveva acuto come scenario il cosiddetto “Mammellone” (zona di ripopolamento ittica davanti la Tunisia e riconosciuta dall’Italia nel 1979) si è spostata in quell’areale internazionale davanti la Libia con il susseguirsi di sequestri, talvolta drammatici; vedi l’ultimo relativo ai 18 marinai (otto italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi) e dei due motopesca “Medinea” e Antartide” sequestrati, a 35 miglia dalle coste libiche, dal 1 settembre al 17 dicembre scorso e costretti a subire violenza nei quattro carceri ove spostati nel corso del lungo sequestro prima della liberazione avvenuta “grazie” ad una visita ufficiale pretesa dal generale Kalifa Haftar per un suo formale riconoscimento dopo che nei giorni antecedenti al sequestro il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva fatto visita al Governo di Tripoli senza passare da Bengasi.
Nei giorni scorsi i pescatori di Mazara del Vallo hanno manifestato la volontà di tornare a pescare nelle acque internazionali davanti la Libia la cosiddetta “Vi.Pe” (vigilanza pesca) al Governo italiano che fino a qualche anno fa era attiva, attraverso un’unità militare italiana, in quel tratto di mare. Gli armatori di oltre 50 pescherecci mazaresi hanno comunicato in una lettera inviata all’Assessorato regionale all’Agricoltura e Pesca, e per conoscenza ai Ministeri degli Esteri, della Difesa e dell’Agricoltura e Pesca, e alla locale Capitaneria di Porto, l’intenzione di riprendere, nella prima decade di aprile, la campagna di pesca al gambero rosso.
Le Autorità italiane invece hanno “sconsigliato”, direttamente ed indirettamente (anche utilizzando canali mediatici), la pesca in quell’areale definita –come si legge attraverso qualche agenzia- "zona ad alto rischio per tutte le navi battenti bandiera italiana senza distinzione di tipologia. Si tratta di una zona dove le autorità libiche potrebbero esercitare azioni di polizia…”. Il 30 marzo l'Adnkronos informava che che “due pescherecci del comparto di Mazara del Vallo sono nuovamente entrati nell'area al largo della Libia segnalata dal Comitato Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti (Ccovist) come il sequestro delle imbarcazioni e del pescato con la possibilità che gli stessi equipaggi possano essere detenuti per durate non prevedibili, come già avvenuto nei mesi scorsi con i pescherecci 'Antartide e Medineà.
"Si tratta di una condotta –trapelava da fonti della Farnesina- purtroppo non nuova da parte di alcuni pescherecci, recentemente sconsigliata dall'Unità di Crisi della Farnesina. È stato più volte ricordato, infatti, l'esclusiva responsabilità individuale di chi assume la decisione di recarsi in quelle acque, così come del datore di lavoro sul quale incombono precisi doveri nei confronti dei propri dipendenti".
Pertanto siamo sempre alle solite, come più volte da noi avvertito, ancor più in questi mesi, che risolta la vicenda dell’ennesimo sequestro, un altro atto di vera e propria pirateria, altro che azione di polizia marittima, la situazione non sarebbe cambiata e che il problema della pesca in quelle acque internazionali non sarebbe stato affrontato e risolto dallo stato italiano e dall’Ue. Eppure durante il recente sequestro, e immediatamente dopo la liberazione dei pescatori e natanti, diversi esponenti della politica nazionale (ma anche regionali e locali), oggi facenti parte anche della “grosse koalition” del nuovo governo di Mario Draghi, con appelli mediatici avevano promesso il loro impegno affinchè ai pescatori siciliani venisse garantito il diritto di lavorare liberamente in quelle acque internazionali. (in foto di copertina alcuni pescherecci nel porto di Mazara del Vallo).
Proprio domani il presidente del Consiglio, Mario Draghi, si recherà a Tripoli, sarà la sua prima visita ufficiale all’estero dall’insediamento il 13 febbraio scorso. I dossier sul tavolo sono tanti: dalla lotta alle migrazioni illegali alla pacificazione del Paese, dalle forniture di gas attraverso la condotta Greenstream alla ricostruzione delle infrastrutture libiche, fino al rilancio delle commesse interrotte dopo il 2011. Sui progetti che dovrebbero essere annunciati – e sugli eventuali accordi che potrebbero essere firmati – vige il massimo riserbo.
Secondo quanto appreso da “Agenzia Nova”, la diplomazia economica italiana sta lavorando con discrezione a un accordo tra Italia e Libia per la transizione energetica, con l’obiettivo di portare il Paese membro del cartello petrolifero Opec in una dimensione completamente nuova del settore energico. Insomma tanti temi sul tavolo ma del “dossier pesca” nessuna traccia, a quanto pare il settore della pesca non viene ritenuto strategico anche da questo nuovo Governo italiano che come i precedenti (ben sette le visite, l’ultima il 25 marzo, in Libia del Ministro Di Maio), forse di più, porterebbe avanti gli interessi delle lobby dell’energia, delle costruzioni.
Si parlerà anche di telecomunicazioni. Le autorità libiche, al pari di altri paesi della sponda sud del Mediterraneo, potrebbero essere coinvolte in questo progetto italo-statunitense “BlueMed” realizzato da Telecom Italia Sparkle, un cavo sottomarino, passante a poche miglia da Mazara da Vallo, che collegherà la Liguria alla Sicilia e l’Italia, fino a Mumbai. Si tratta di una vera e propria dorsale per collegare Medio Oriente, Africa, Asia ed Europa con una riduzione della latenza fino al 50 per cento rispetto ai cavi terrestri esistenti che collegano la Sicilia con Milano.
Questa assenza della pesca (e di conseguenza la mancata soluzione del contenzioso sugli areali di pesca davanti la Libia), come sarà spiegato al suo elettorato, forte nell’ambito armatoriale mazarese, da Silvio Berlusconi e dal suo entourage siciliano di Forza Italia, il più forte assertore del Governo Draghi, proprio lui che inserì la cooperazione fra i due Paesi negli areali di pesca della ZEE nell’Accordo Italo- Libico che stipulò nel 2008 insieme a Gheddafi? Proprio lui che chiamò uno degli armatori dei pescherecci sequestrati dopo la liberazione?
Francesco Mezzapelle