Roberto Vecchioni, al Teatro Rivoli il racconto di una vita attraverso perle di cultura

Redazione Prima Pagina Trapani
Redazione Prima Pagina Trapani
30 Aprile 2019 19:07
Roberto Vecchioni, al Teatro Rivoli il racconto di una vita attraverso perle di cultura

Al Teatro Rivoli di Mazara del Vallo, la cultura e l’arte della composizione letteraria e musicale italiana hanno arricchito il pomeriggio di docenti e appassionati con Roberto Vecchioni. A Mazara del Vallo, per il tour che prende il nome dal suo libro e dal suo ultimo disco “La vita che si ama”, il cantautore milanese è stato ospitato dalla Rete Sophia, la rete nazionale di scuole, per un evento fortemente voluto dal suo coordinatore nazionale Giovanni Marrone, al passo d’addio dalla carica dopo un’esperienza lunga dieci anni, che verrà presto consegnata nelle mani della professoressa del Liceo “Piranesi” di Paestum Annamaria Di Bartolomeo.

A presenziare l’incontro, anche la Preside dell’ Istituto Comprensivo “Borsellino-Ajello” di Mazara del Vallo Eleonora Pipitone, che attraverso degli spunti di vita e delle domande che hanno suscitato considerazioni da parte dell’autore che hanno toccato e molto le corde del cuore del vasto pubblico presente, ha coinvolto al dialogo il pubblico presente. Queste le dichiarazioni rilasciate da Roberto Vecchioni al termine dell’evento in un’intervista: Prof. Vecchioni, ad oggi gli studi umanistici sembrano perdere terreno in favore di quelli più tecnici, in particolare nei confronti del Liceo Classico, di cui a Mazara un triste esempio vi è dato dal suo vecchio edificio lasciato all'abbandono e che non fa registrare più il boom di iscrizioni.

Qual è l’antidoto per creare interesse verso queste discipline? “Penso che il Liceo Classico sia fondamentale. Solo gli stupidi pensano che non dia le giuste basi per preparare alla vita tecnica del futuro. Il Liceo Classico prepara attraverso una ginnastica mentale incredibile e rilascia una formazione tale da avere una capacità di logica allenata a tutto e soprattutto una base di cultura che ti fa capire il senso delle cose che fai. Certo, qualche modifica va fatta e non so quanto riusciremo a salvarlo, ma ciò che è certo è che ci sarà da battersi facendo quadrato e tenendo alta la bandiera di una cultura che non muore”.

In un’era fortemente contrassegnata dai new media e dai social, cosa fare per risvegliare nei giovani una seria presa di coscienza verso i reali fondamenti della vita umana come avveniva negli anni ’60-’70? “Non accuserei molto i social perché rappresentano anche tante cose buone in merito a relazioni, rapporti e conoscenze immediate. Quello che si sbaglia è l’uso, perché non si può pensare che il social concluda la tua vita. Sui social condividi un solo un momento, invece la cultura è per sempre.

Manca la forza e la capacità di costruirci sopra, cosa che la scuola sta tentando di fare, ma ad oggi è molto difficile riuscire a trovare una soluzione. Gli studi, come quelli dei licei classici e scientifici appunto, potrebbero contribuire a far capire che la vita è molto più larga”. È preoccupato per la vocazione totalitaristica che si sta a venendo a creare in tutta Europa e cosa fare per suscitare quel sentimento di opposizione che in Italia la sinistra sembra aver un po' perso? “Sono preoccupatissimo, dispiaciuto, incazzato e anche un po' vergognato.

Ad oggi non so che cosa fare a parte battere sempre sulla cultura, ma, siccome il mondo va a ondate, spero che anche questa sia un’ondata che passi presto” Da cosa ha preso inspirazione per le realizzazione di quest’opera musicale e letteraria? “Da me, dai miei figli e da quello che volevo comunicare loro: cos'è la felicità, perché c’è, dove bisogna andarla a cercare. Insieme alle cose meravigliose che sono successe nella mia vita.  Nella vita serve tutto, anche gli sbagli e i dolori.

‘La vita che si ama’ è anche un libro comico e divertente, per il quale non mi aspettavo tutto questo successo. I miei figli sono molto contenti che glielo abbia dedicato”. Tommaso Ardagna

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