Oltre alla retorica delle promesse ed alle frasi ad effetto che fioccheranno nelle prossime settimane, ai marsalesi si dovrebbe offrire una fotografia di questa città che le prossime elezioni mettono sotto i riflettori. Viviamo, inconsapevoli, in una terra da tempo assoggettata ad un sottosviluppo pilotato. Pur avendo in mano “briscole” del calibro di un clima straordinario, dell’aria più pulita che c’è, di una terra fertile e generosa, di un aeroporto agevole e sicuro, di una abbondanza di beni culturali, di un mare impossibile da inquinare e di un porto di cui parlano tutti i libri di storia, stiamo perdendo la nostra partita! Questa, infatti, è diventata una terra senza prospettive di lavoro, facile preda di incursioni affaristiche, che produce beni agroalimentari eccellenti ma remunerati meno di quanto costa farli giungere a maturazione e raccoglierli.
I veri motivi di tutto questo immiserimento vanno cercati nell’azione silenziosa ma pesante di potentati economici che perseguono uno svilimento progressivo delle nostre risorse, con l’unico obiettivo di determinare un crollo complessivo dei valori e, così, di poter infine comprare tutto a quattro soldi. Per dare l’idea delle (s)proporzioni fra territori analoghi, un ettaro nella zona del Barolo può raggiungere la quotazione addirittura di due-tre milioni euro. Un ettaro di terreno agricolo qui - e ci troviamo nel comprensorio vitivinicolo ancora più esteso d’Europa – vale, invece, ormai meno di diecimila euro se incolto, al massimo ventimila euro se avvignato.
Il bene-terra qui non ha più valore e sarà così facilissimo per i detentori di grandi liquidità determinare un triste ritorno al latifondo, lasciando le briciole a migliaia di coltivatori ormai ridotti alla fame. Le famiglie contadine di quaggiù non vedono più ricambio generazionale. E questo ha spiegazioni disarmanti. Un quintale di uva, anche se a doc, qui viene pagato non più di venticinque-trenta euro. Le cantine sociali distribuiscono non utili ma perdite. La stessa quantità di materia-prima nella zona del Prosecco docg (ove sfruttano i nostri diritti al reimpianto) ottiene invece una remunerazione di cinquecento euro.
E lì avvignano anche il porticale di casa. Un appartamento di cento metri quadri, anche a ridosso del centro di Marsala, lo si può comprare tanto quanto costa…l’affitto per un anno di un loft nel centro di Milano. Non si vedono più cantieri edili, da queste parti. Persino i Notai “cacciano mosche”. E dilaga una crisi occupazionale senza precedenti, mentre chiudono tutti gli esercizi commerciali (ad eccezione dei cinesi). Prosperano soltanto pizzerie e sportelli per scommesse ! Finito il Liceo, i ragazzi – con i soldi dei papà – scelgono la fuga col trolley o il rifugio…nella cocaina.
Centinaia, anzi forse migliaia di poveri, di disabili e comunque di persone in difficoltà non vengono raggiunte dalle palliative solidarietà e dai sussidi raggranellati da amministrazioni e da associazioni. L’Airgest, società tutta regionale che gestisce l’aeroporto di Birgi, dopo avere “cacciato” la low cost irlandese che era riuscita comunque a portare due milioni di viaggiatori, vede già stagliarsi all’orizzonte i profili di famelici acquirenti privati che – ridottisi, anzi decimati i passeggeri che transitano nello scalo - aspettano solo che diventi inesorabile il dissesto.
Nel porto giacciono barchette di eroici pescatori e ferraglie di gru, mentre si sgretolano le pietre e il cemento delle banchine e si susseguono stanchi dibattiti sul progetto privato che non parte mai e su quello pubblico di cui forse si è perso il finanziamento. Questa, in pillole, la fisionomia reale di un territorio che invece potrebbe ben vantare una economia fondata (come altrove sanno ben fare) sui valori aggiunti delle proprie risorse naturali e conseguenziale ad un intelligente sfruttamento delle proprie secolari vocazioni agricole e di accoglienza.
E allora a maggio/giugno che faremo? Voterà, il popolo marsalese, con il cervello, con la pancia o con il cuore? Si farà guidare dalla ragione, dal disgusto o dal sentimento? Vigerà la atavica soggezione ai potenti di quartiere o la libera volontà popolare? Faremo prevalere la convenienza occasionale di una squallida raccomandazione, oppure trasferiremo finalmente sulla scheda ciò che sentiamo giusto ? Ci lasceremo convincere dai soliti caporali che – nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale – promettono ancora stradelle, lampadine e facilitazioni, oppure daremo ascolto, alla coltivazione dei presupposti per far tornare qui i nostri figli, al nostro orgoglio lilibetano offeso da questa mediocrazia, alla stanchezza nei riguardi dei politicanti che brandiscono simboli, coalizioni e percentuali? Naturalmente bisognerà pure capire chi si schiera a fianco della Chiesa dei poveri che vuole questo Papa.
Ma anche cosa ne sarà delle nostre saline, nonché se si ha intenzione di incrementare il turismo sviluppando la ruralità della nostra enogastronomia e investendo sulla ventosità che sta calamitando allo Stagnone i surfisti da tutto il mondo. È pure diritto di ciascun elettore marsalese (anche di Sappusi e di Amabilina) sapere chi porterà avanti una nuova collaborazione sociale che renda possibile una riduzione delle disparità di reddito ed un maggior rispetto per l’ambiente. Perfino i disoccupati marsalesi sapranno distinguere chi li protegga dalle notizie false e gli garantisca la libertà di riunirsi solidaristicamente in piazza con tanti altri giovani di tutte le età senza arruolarsi in nessun partito.
È arrivato, per i marsalesi, il momento di prendere in mano il proprio destino e di reimpossessarsi della propria autonomia di scegliere – senza i soliti inciuci politici - da chi farsi rappresentare a via Garibaldi e a Piazza Loggia. C’è ancora tempo per selezionare i candidati che, sapendo parlare con il cuore, raggiungano il cuore dei marsalesi. Per scegliere il Sindaco, io propongo le Primarie. Immediatamente. E senza…pilotaggi! DIEGO MAGGIO