Oggi parleremo di due colonne arabe che si trovano all’interno della Biblioteca Fardelliana. Poco conosciute, alle volte non attenzionate. È nostro compito, quindi, dare un significato a quella che fu la Trapani di un tempo, è nostro compito dare la giusta attenzione ai dettagli di una città nascosta, un tempo ricca di architetture, decori, storie e leggende. Le due colonne, come scrive Paolo Barresi in ‘Le colonne arabe di Trapani’ su «Sicilia Archeologica», provengono dal quartiere ‘Palazzo’, costruito solo nel 1293 da Giacomo d’Aragona, fuori della cinta urbana di età araba e normanna.
Anche prima del 1293, però, esistevano edifici in quest’area, in particolare fondaci (uffici mercantili) di Genova (S. Lorenzo), Firenze (Porta Ossuna) e Alessandria d’Egitto (presso S. Francesco). In questa parte della città dovette nascere un quartiere commerciale e portuale, intorno alla fine del secolo XI, forse con un fondaco legato a commercianti di porti della Tunisia: e proprio qui avrebbero trovato posto le colonne della Fardelliana, in un edificio religioso, forse un mihrab (la nicchia affiancata da colonne che indicava, in una moschea, l’orientamento verso La Mecca).
La scoperta è datata nel 1574 durante lo scavo delle fondazioni della chiesa di San Rocco, dove rimasero sin quando fu fondata la Biblioteca Fardelliana, nel 1830: da allora le colonne furono inserite nella sala di lettura, munite di basi e di capitelli del XVI secolo. I fusti sono monolitici in marmo proconnesio (alti ciascuno 2,81 metri), probabilmente ricavati da fusti di età romana alti 2,96 metri e ambedue riportano iscrizioni arabe: «Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso. Mi affido in Dio», in una e «Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso.
La mia fiducia in Dio», nell’altra.