La DIA di Palermo confisca beni per circa 8 milioni di euro ad un imprenditore ed un affiliato a cosa nostra

Redazione Prima Pagina Trapani
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15 Febbraio 2019 09:24
La DIA di Palermo confisca beni per circa 8 milioni di euro ad un imprenditore ed un affiliato a cosa nostra

La DIA di Palermo ha dato esecuzione ad un decreto di confisca, emesso dal Tribunale di Palermo – I Sezione Penale e Misure di Prevenzione (presieduta dal dr. Raffaele Malizia e composta dai giudici Simona Di Maida ed Ettorina Contino), nei confronti di Salvatore MILANO e Filippo GIARDINA, entrambi 66enni. Il provvedimento scaturisce da due distinte proposte del Procuratore della Repubblica di Palermo (depositate nel 2013 e nel 2014) che avevano già portato al sequestro dei loro beni, costituiti da partecipazioni sociali, compendi aziendali, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari.

Le indagini della DIA (coordinate dal Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dal Sostituto Dario Scaletta) hanno preso l’avvio, nel 2007, a fronte di un appunto, rinvenuto nel covo ove furono catturati i latitanti Salvatore e Sandro LO PICCOLO, in cui si faceva riferimento alla catena di negozi “Bagagli”. Lo stesso riscontro, emerse in un altro contesto investigativo, nel corso di un’intercettazione, in cui gli interlocutori discutevano di interessi del MILANO nella stessa catena di negozi.

Gli accertamenti eseguiti, confortati dalle convergenti dichiarazioni rese, tra gli altri, da importanti collaboratori di giustizia (Manuel PASTA, Marcello TRAPANI, Andrea BONACCORSO, Antonino NUCCIO, Fabio MANNO) hanno consentito di ricostruire la biografia criminale e la parabola economica sia di MILANO che di GIARDINA, facendo emergere una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati da loro e dai rispettivi familiari, in relazione agli acquisti ed agli investimenti effettuati, peraltro ritenuti viziati dall’impiego di capitali di provenienza illecita.

Infatti, le indagini economico-patrimoniali e l’analisi dei flussi finanziari esaminati dalla DIA hanno evidenziato passaggi di denaro di provenienza sospetta, ingenti entità di versamenti in contanti, dubbie vincite al lotto, ritenute dal Tribunale simulate attraverso un collaudato sistema di cessione di titoli vincenti. I giudici, concordando con le risultanze emerse, hanno inoltre rilevato non solo una sostanziale coincidenza temporale tra l’epoca dell’intestazione fittizia di quote delle società ad esponenti familiari di Filippo GIARDINA e l’espansione delle attività compiute sotto l’insegna “Bagagli”, ma anche l’impossibilità di risalire all’origine della provvista per alcune operazioni commerciali, la presenza nei loro conti di importi incompatibili con i redditi dichiarati, l’insufficienza di risorse lecite necessarie a fare fronte agli investimenti connessi alla partecipazione nelle società, rilevando, in tutto questo, elementi sintomatici della provenienza illecita dei capitali investiti nelle società confiscate.

Gli elementi raccolti hanno portato all’emissione del provvedimento di confisca, che ha colpito i seguenti beni riferibili a Filippo GIARDINA o a membri del suo nucleo familiare, ovvero riconducibili a Salvatore MILANO, tra cui l’intero capitale sociale e relativo compendio aziendale di 3 società di capitali (attive nel commercio di pelletterie), i beni aziendali di un’impresa individuale, 7 appartamenti, un’autorimessa, 14 terreni, quote di immobili, 4 automobili, 2 moto ed uno yacht, conti correnti, titoli, depositi bancari e varie disponibilità finanziarie.

In particolare, sono stati confiscati a Palermo i punti vendita della catena dei negozi di moda “Bagagli” di via Libertà (Bagagli s.r.l.), di via Messina (Bagagli 1987 s.r.l.) e di via XX settembre (Bagagli s.a.s.), nonché una tabaccheria di via Messina Marine. Il valore complessivo del patrimonio confiscato è stimato in circa 8 milioni di euro. Con lo stesso provvedimento, il Tribunale ha disposto il dissequestro di altri beni (appartamenti, magazzini, terreni e disponibilità finanziarie) in favore di prossimi congiunti e parenti di Filippo GIARDINA e Salvatore MILANO.

Con l’odierno decreto di confisca la Sezione M.P. del Tribunale ha, altresì, disposto la Sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno in città, per quattro anni, nei confronti Salvatore MILANO e, per tre anni, nei riguardi di Filippo GIARDINA. Per ciò che attiene al profilo criminale di Salvatore MILANO, è opportuno evidenziare che nei suoi confronti emergono importanti dichiarazioni accusatorie rese nel corso del c.d. maxiprocesso (nell’ambito del quale è stato condannato, unitamente al fratello Nunzio, per associazione mafiosa dalla Corte d’Assise d’Appello di Palermo) da Tommaso BUSCETTA e da Salvatore CONTORNO, che lo indicano quale socio occulto delle società del marchio “Bagagli”.

Inoltre, risulta essere stato arrestato nel 2008 e condannato in via definitiva dalla Corte d’Appello di Palermo per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione Perseo, che aveva portato alla luce il primo tentativo di ricostituire la Commissione provinciale di Palermo di cosa nostra. Inoltre, Salvatore MILANO è ritenuto uomo d’onore della famiglia mafiosa di Palermo Centro e gestore della cassa delle famiglie del mandamento di Porta Nuova, per conto di cui provvedeva, con fondi illeciti, al sostentamento degli esponenti mafiosi detenuti o da poco scarcerati.

La sorella Angela, 63enne, era coniugata con Giuseppe GRECO, deceduto, figlio di Michele il papa, nonché è madre di Leandro GRECO, 29enne, detto Michele, sottoposto a fermo, nel gennaio di quest’anno, nel seguito dell’operazione “Cupola 2.0”. Salvatore Milano risulta, altresì, aver intrattenuto rapporti con dirigenti, allenatore e giocatori del “Palermo calcio” i quali, in particolare, avrebbero offerto gratuitamente la loro immagine a Bagagli per fini pubblicitari. Nello specifico, la Bagagli S.a.s.

stipulava con la U.S. Palermo S.p.A. un contratto per la sponsorizzazione pubblicitaria all’interno dello stadio “Renzo Barbera” di Palermo dal campionato nazionale di calcio 2002-2003, senza soluzione di continuità, fino al campionato 2005-2006. Filippo GIARDINA è ritenuto, invece, vicino ad alcuni affiliati all’associazione mafiosa, particolarmente a MILANO di cui è cugino acquisito (MILANO è coniugato con una cugina del GIARDINA). Formale intestatario delle attività economiche svolte sotto l’insegna Bagagli, è ritenuto legato a Giovanni NICCHI (detenuto), elemento di spicco della famiglia di Pagliarelli, la cui sorella lavorava presso uno dei suoi negozi.

Singolare è l’episodio riferito dal collaboratore Manuel PASTA, il quale spiega la vicenda della colla apposta sulle serrature di alcuni punti vendita Bagagli, in ragione di un pagamento di tremila euro in favore dell’organizzazione mafiosa (a Pasqua ed a Natale), divenuto poi irregolare. A seguito di una riunione tenutasi a Borgo Vecchio, Giovanni NICCHI, vista la riconducibilità della catena a MILANO, dapprima disse di considerare i pagamenti non come un’estorsione, bensì come un doveroso contributo di solidarietà nei confronti delle famiglie dei detenuti, promettendo di occuparsi lui personalmente di garantire il rispetto degli impegni assunti e di far avere i pagamenti alla famiglia di Resuttana; di fatto però i versamenti non vennero più corrisposti.

Filippo GIARDINA e la sua compagna Anna FALLUCCA, unitamente ad altre due persone responsabili del personale delle società Bagagli, nel 2015, sono stati indagati dalla Procura della Repubblica di Palermo con l’accusa di estorsione continuata in concorso. Secondo le accuse, i quattro, mediante minacce di mancata assunzione ovvero licenziamento, avrebbero costretto ventisei lavoratori dipendenti ad accettare emolumenti inferiori (da 200 a 300 euro mensili) rispetto a quanto indicato in busta paga; a svolgere attività lavorativa per un monte ore tipico dell’inquadramento di lavoro full time, pur ricevendo uno stipendio corrispondente ad attività lavorativa part time; a non ricevere la quattordicesima mensilità, pur sottoscrivendo la relativa busta paga; ad usufruire annualmente di sole tre settimane di ferie in luogo dei complessivi ventisei giorni contrattualmente previsti; ad usufruire solo di mezza giornata libera al mese e non già ogni settimana, così come previsto dall’inquadramento contrattuale.

Lo stesso trattamento sarebbe stato riservato ai dipendenti del negozio Bagagli con sede in corso Italia a Catania. A conclusione di indagini svolte dal Centro Operativo della DIA di Palermo, i quattro venivano rinviati a giudizio. Il procedimento, per Filippo GIARDINA e la sua compagna, è tuttora pendente in primo grado presso il Tribunale di Palermo. Comunicato Stampa

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