L’ex consigliere comunale di Castelvetrano Calogero Giambalvo, è stato assolto dalla quarta sezione della corte d'appello di Palermo, che ha accolto le tesi difensive dei legali, ritenendo che le accuse di collusioni con il superlatitante Matteo Messina Denaro non siano dimostrabili poiché si basavano sulle dichiarazioni di un dichiarante, che nel frattempo è deceduto a causa di un male incurabile. Calogero Giambalvo, detto Lillo, era stato ascoltato dalle microspie mentre in auto con un altro consigliere comunale raccontava di mirabolanti incontri con Messina Denaro, padre e figlio, avvenute nel corso degli anni, e poi mentre dichiarava che si sarebbe fatto trent’anni di galera pur di proteggere la primula rossa che stimava.
Erano scattate le manette ed un periodo di circa un anno di detenzione ma nel frattempo l'accusa di associazione mafiosa era caduta nel processo Eden 2, celebrato con il rito abbreviato dal gup del tribunale di Palermo Fernando Sestito il 16 dicembre 2015. Su disposizione dell’allora Prefetto Leonardo Falco, Giambalvo era stato reintegrato nel ruolo di consigliere comunale per un paio di mesi circa, fino alle dimissioni di 19 consiglieri della maggioranza, che avevano ritenuto di dimettersi perché non condividevano le prese di posizioni dello stesso Giambalvo in favore del latitante.
A essere dichiarati non utilizzabili sono i verbali resi il 22 gennaio e il 16 febbraio del 2016 da Lorenzo Cimarosa, cugino del capomafia e colpito da un tumore che gli fu diagnosticato in quegli stessi giorni. La malattia poi lo portò alla morte, avvenuta l'8 gennaio del 2017 e il procuratore generale, secondo il collegio presieduto da Mario Fontana, avrebbe dovuto garantire a Giambalvo (assolto in primo grado e oggetto di ricorso da parte della pubblica accusa) la possibilità di interloquire, attraverso i propri legali, con un'anticipazione del dibattimento.
Il pg cioè, secondo i giudici, avrebbe dovuto ricorrere a un "incidente probatorio". La corte ha adesso accolto e fatto proprie le osservazioni avanzate dagli avvocati Roberto Tricoli, Massimiliano Miceli e Enzo Salvo: "Il pm - argomenta ora il collegio di secondo grado - nell'ordinamento italiano è figura di garanzia ed è chiamato perfino a raccogliere prove a favore dell'indagato", così "ogni qualvolta sia ragionevolmente prevedibile che la persona che ha reso dichiarazioni accusatorie a carico di terzi non potrà essere contro esaminata dalla parte interessata", il rappresentante della pubblica accusa "deve attivarsi e richiedere l'incidente probatorio ovvero l'acquisizione urgente della prova", perché nel caso di Cimarosa "l'evoluzione della malattia in senso peggiorativo era da ritenersi prevedibile" e la procura generale lo sapeva.
Ed ora cosa accadrà? Questa seconda assoluzione del Giambalvo potrà essere considerata dai giudici che il 28 marzo dovranno pronunciarsi sulla legittimità dello scioglimento per mafia del comune di Castelvetrano?