“Detti e stradetti”, modi di dire trapanesi: «A sciarra è sempre pa cutra»

Quattordicesima puntata della rubrica che analizza i detti tipici trapanesi

Maria Chiara
Maria Chiara Conticello
18 Aprile 2021 10:55
 “Detti e stradetti”, modi di dire trapanesi: «A sciarra è sempre pa cutra»

I modi di dire hanno il pregio di essere sempre attuali anche se, il più delle volte, nascono in un tempo che, ormai, è andato.

Uno dei detti trapanesi che rappresenta a pieno questa caratteristica è «A sciarra è sempre pa cutra». Letteralmente questo modo di dire può essere tradotto come «La lite è per la coperta».

La cutra, infatti, è un copriletto – fatta di diversi materiali come il lino, il cotone, la lana o la seta – che non serve per ripararsi dal freddo ma che ha solo uno scopo estetico.

Ancora oggi, il detto viene utilizzato per descrivere una persona che fa finta di avere buoni propositi ma, al contrario di quanto sembra, maschera un interesse – che può essere economico o sociale –.

Non è un caso, quindi, che «A sciarra è sempre pa cutra» viene spesso utilizzato dopo la morte di un parente e, nello specifico, quando si è costretti a dividere l’eredità.

Ed è proprio alla morte che è legata la creazione di questo modo di dire. Anticamente, infatti, i morti venivano trasportati in vere e proprie casse di legno e, durante le esequie, si copriva il tutto con una coperta elegante – la cutra appunto – soprattutto con l’obiettivo di nascondere la povertà della famiglia.

Secondo il più importante ricercatore e studioso di tradizioni popolari siciliani Giuseppe Pitrè, il detto nacque perché i sacerdoti, durante i funerali, chiedevano una tassa arbitraria se sulla bara si voleva apprestare una ricca cutra. La richiesta col tempo diventò una vera e propria tradizione che nemmeno la proibizione del viceré Domenico Caracciolo e del III Consiglio Lateranense – convocato da Papa Alessandro III nel marzo del 1179 – fermò.

I parroci, infatti, non interessandosi di tutto ciò continuarono a chiedere ai parenti del defunto un pagamento per la cutra. Il pagamento, che si basava su quanto i parenti avevano ereditato, a volte non veniva completato e per saldare il debito, la cutra veniva donata dai familiari al parroco che aveva celebrato il funerale.

È chiaro, però, che non tutti i parenti erano d’accordo con la decisione di donare il copriletto. La situazione, quindi, comportava a vere e proprie liti, soprattutto tra i parenti che dimostravano un interesse maggiore per la cutra del defunto ricco che per l’affetto che li legava. Del detto, però, esiste anche una seconda interpretazione che nasce da una tradizione orale e che vede protagonisti, anche questa volta, i familiari di un defunto. Secondo alcuni, infatti, «A sciarra è sempre pa cutra» fu creato perché spesso gli eredi spartivano le ricchezze in comune accordo ma, poi, si litigavano sul possesso della cutra.

Anche qui, ovviamente, la situazione finiva con sciarre e, proprio per questo, il significato del detto viene collegato ad un litigio per motivi poco importanti e validi ma che rappresenta ciò che, in realtà, è il peggior difetto dell’uomo. Quello, cioè, di predominare sugli altri e non avere, quindi, la capacità di dividere il proprio bene – qualunque esso sia: sociale, politico o economico – con gli altri.

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