L’avv. Fabio Damiani, l’ex manager dell’Asp di Trapani, arrestato il 21 maggio scorso nell’ambito dell’operazione della Guardia di Finanza denominata “Sorella Sanità”, ha confessato di avere intascato tangenti per favorire alcune società nell’aggiudicazione di appalti pubblici. La maxi operazione “Sorella Sanità” aveva svelato un intreccio perverso su un sistema che avrebbe consentito di pilotare appalti milionari della Sanità in Sicilia. L’indagine, che ha coinvolto imprenditori e funzionari pubblici, aveva portato all’arresto di dieci persone accusate, a vario titolo, di corruzione.
Gli investigatori avrebbero accertato un giro di mazzette che ruotava intorno alle gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana (di cui Damiani era responsabile) e dall’Asp 6 di Palermo per un valore di quasi 600 milioni di euro. Tra gli arrestati, oltre all’avv. Damiani (che in quel momento era direttore dell’Asp Trapani) anche Antonio Candela, 55 anni, Coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19 in Sicilia e già Commissario Straordinario e Direttore generale dell’Asp di Palermo.
Candela si trova ancora ai domiciliari visto che la Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso. A fine ottobre Damiani (in foto copertina) è stato rinviato a giudizio insieme ad altre 9 persone: Antonio Candela, Salvatore Manganaro, Giuseppe Taibbi, Francesco Zanzi, Roberto Satta, Angelo Montisanti, Crescenzo De Stasio, Ivan Turola, Salvatore Turola. Il Gup Antonella Consiglio, in considerazione delle “prove evidenti”, ha infatti accolto la richiesta di giudizio immediato formulata dal procuratore aggiunto di Palermo, Sergio Demontis, e dai sostituti, Giovanni Antoci e Giacomo Brandini.
Proprio davanti a Demontis, Antoci e Brandini, il 20 e 26 novembre scorsi, nel corso degli interrogatori, Damiani (che come gli altri imputati ha scelto di essere processato con rito abbreviato) ha ammesso le sue responsabilità. Nei prossimi giorni dovrebbero essere depositati i due verbali di Damiani che riguardano i favori resi alle imprese Tecnologie Sanitarie, Siram e Pfe. Subito dopo il suo arresto Damiani aveva ammesso di avere ricevuto 37 mila euro, minimizzando il suo ruolo e le cifre delle tangenti incassate.
Ora ha invece ammesso quanto contestato dalla Procura di Palermo. C’è però un’altra indagine che potrebbe e provocare un vero e proprio terremoto nella sanità siciliana. Questa riguarda piccoli e grandi appalti nell’ultimo decennio che potrebbero essere stati manovrati illecitamente. Anche qui la figura chiave è Salvatore Manganaro l’imprenditore agrigentino del quale Damiani è stato il referente; anche per questo fascicolo aperto dalla Procura Damiani potrebbe rappresentare la chiave per far luce su un sistema dove politica, sanità ed impresa avrebbero fatto affari.
Francesco Mezzapelle