“Va ricordato che in ogni ambito Libertà e Democrazia non sono compatibili con chi alimenta i conflitti, con chi punta a creare opposizioni disseminate tra le identità, con chi fomenta scontri con la continua ricerca di un nemico da individuare, con chi limita il pluralismo". Queste le parole pronunciate qualche anno fa dal Presidente della Repubblica in occasione della Festa della Repubblica Italiana che si celebra ogni 2 giugno partire da quel 2 giugno 1946, data del referendum istituzionale che sancì il passaggio dalla monarchia alla repubblica.
“Nel 1946, 75 anni fa, l’Italia – come si legge su Post- era appena uscita dalla Seconda guerra mondiale: il voto si svolse tra le macerie dei bombardamenti alleati e quelle delle demolizioni dei nazisti in ritirata, con centinaia di migliaia di italiani ancora sparsi per i campi di prigionia in tutto il mondo, intere province sotto governo militare straniero e un clima che sembrava vicino a quello di una guerra civile.I risultati ufficiali del referendum furono annunciati il 18 giugno successivo, e fu proprio in quel giorno che la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica Italiana: 12.718.641 italiani avevano votato a favore della Repubblica, 10.718.502 a favore della Monarchia e 1.498.136 avevano votato scheda bianca o nulla; più di 3 milioni non parteciparono al voto.
Lo spoglio del risultato mostrò chiaramente che l’Italia era divisa in due metà. Nel Nord Italia quasi tutti i centri urbani principali votarono in favore della Repubblica, che ottenne il risultato più ampio a Trento, dove conquistò l’85 per cento dei consensi. In moltissime città del Sud, invece, la maggior parte degli italiani votò per la Monarchia: a Napoli, per esempio, ottenne 900mila voti contro i 250mila per la Repubblica; anche a Palermo la Monarchia ottenne un grande vantaggio, con quasi 600mila voti contro 380mila.A Roma invece lo scarto in favore della Monarchia fu molto più sottile, circa 30mila schede”.
Con la deposizione di una corona d'alloro da parte del Capo dello Stato, l'omaggio al milite ignoto e le frecce tricolori che sorvolano l’Altare della Patria. Così inizia oggi 2 giugno 2021 questa giornata di festa - anche quest'anno però senza la parata militare e l'apertura dei Giardini del Quirinale al pubblico - che per il presidente Mattarella ha il significato di un “nuovo inizio” dopo la pandemia, come 75 anni fa, quando nel 1946, la maggior parte degli italiani disse no alla monarchia con un referendum dopo la dittatura e la guerra.
"La comunità nazionale, che intraprende il delicato percorso verso il definitivo superamento del periodo emergenziale, celebra quest'anno - ricorda Mattarella - la ricorrenza del 2 giugno nel segno dell'impegno collettivo per il rilancio del Paese e della ricerca di nuove prospettive di sviluppo e modernizzazione". Perché "se ora possiamo guardare con maggiore fiducia al futuro, è soprattutto grazie alla ricchezza di risorse che il Paese ha saputo trovare o riscoprire e all'apporto unitario che ciascuno, non senza sacrificio, ha offerto
In piena linea con le parole del Presidente della Repubblica vogliamo celebrare insieme a Voi lettori di Primapagina la riconquista della democrazia dopo le barbarie della guerra e la dittatura fascista, il voto libero ed esteso alle donne per la prima volta, la nascita dell'Assemblea costituente che ha consegnato alle generazioni future i principi fondanti di libertà e democrazia di un Italia che appare oggi, purtroppo, divisa, socialmente ed economicamente. La speranza –così come sottolineato dal presidente Mattarella – è quella che il nostro Paese possa uscire, per rinascere, definitivamente dall’emergenza covid-19 che ha cambiato profondamente le nostre vite.
C'è un'immagine che da più di settant'anni accompagna la festa del 2 giugno e, in generale, ogni volta che si ricorda il referendum che sancì il passaggio dalla monarchia alla repubblica. Federico Patellani (fotografo e documentarista militare durante la campagna di Russia. Rientrato in Italia dopo due anni di internamento di Svizzera, aveva ripreso il suo lavoro con un viaggio di documentazione nell’Italia distrutta) immortalò il volto sorridente di una bella ragazza (è la 24enne Anna Iberti, allora impiegata nell’amministrazione del quotidiano socialista Avanti!) che sbuca dalla prima pagina del Corriere della Sera con il titolo a nove colonne sull'esito del referendum del 1946. Per noi la “speranza” ha ancora il sorriso di quella donna.
Francesco Mezzapelle