Covid-19, due docenti trapanesi a Brescia raccontano la loro toccante esperienza

In esclusiva ai nostri microfoni.

Mirko
Mirko Ditta
22 Aprile 2020 13:06
Covid-19, due docenti trapanesi a Brescia raccontano la loro toccante esperienza

Hanno lasciato la propria amata terra, a 1560 km di distanza dalla loro Trapani. Appartengono a quell'ampia fascia di trapanesi lontani dai propri affetti, dalla cultura, dai profumi identificativi: Leonardo e Maria Grazia raccontano ai nostri microfoni la loro esperienza nelle zone più colpite dal Coronavirus, nella provincia bresciana. Sono entrambi docenti, residenti adesso a Carpenedolo, centro di 13.000 anime. Dalla percezione del pericolo, il 25 Febbraio in cui la Lombardia viene dichiarata zona gialla, fino alla paura: anche questa ha una data.

L'8 Marzo la regione lombarda è zona rossa. Convivere con la paura e ritrovarsi accanto «i nostri vicini di casa. Visto che eravamo relegati in casa abbiamo stretto rapporti più confidenziali con loro ma con le dovute distanze sociali. Sono stati coinvolti in prima persona con il COVID-19 perdendo familiari ed amici». E ancora: le preoccupazioni di altri residenti della zona verso i propri famigliari ricoverati in terapia intensiva o risultati positivi dopo essere stati sottoposti al tampone.

Dalle testimonianze alla terribile realtà constatata dall'arrivo delle ambulanze, «proprio vicino alla nostra abitazione. La stessa modalità che si vede ai telegiornali, lo stesso protocollo: il personale ospedaliero sul mezzo si accingeva a prestare soccorso. Sembravano dei marziani dotati di tutto punto dei DPI e di bombola di ossigeno. Alla fine del controllo e delle loro operazioni provvedevano a svestirsi degli indumenti che indossavano (tuta, mascherine, occhiali, guanti, cuffietta e calzari) e li riponevano in un sacco nero! Sembrava come vivere da protagonisti in un film ma era tutto vero!».

L'amarezza di constatare l'estrema realtà esterna che condiziona quella tra le mura domestiche, divisa tra il lavoro e gli impegni casalinghi: «Abbiamo continuato ad adoperarci tramite smart working con la didattica a distanza; lontani fisicamente ma vicini moralmente ai nostri alunni, anche loro coinvolti in maniera più o meno diretta con il Coronavirus. Non è facile cominciare o concludere la giornata con il suono di una sirena, non abbiamo saputo elaborare l'entità del pericolo con la velocità con cui si è imposto».

Il peggio pare passato ma guai ad abbassare la guardia proprio adesso: «Sì, abbiamo avuto tanta paura! Non usciamo tutti i giorni, programmiamo le nostre uscite una volta ogni dieci giorni al fine di evitare potenziali contagi ed usciamo solo per la spesa muniti di mascherina, guanti e autocertificazione per un tragitto di soli 500 metri, da casa al supermercato e tragitto inverso». I 50 giorni di completa quarantena di Leonardo e Maria Grazia, trapanesi con Trapani nel cuore disposti ad attendere ancora il periodo di svago nella loro terra natìa, nel rispetto di tutto il personale sanitario, di chi ha sofferto e soffre in terapia intensiva; un gesto d'amore verso i propri familiari e amici che sperano di tornare ad abbracciare dopo un lungo periodo che «ci servirà da lezione.

Dobbiamo uscirne tutti uniti, abbiamo il dovere morale di superare il momento. Quando ci rivedremo apprezzeremo di più ogni ora, ogni minuto, ogni attimo che staremo insieme». Si continua a morire, dall'inizio della pandemia a Carpenedolo si sono registrate 26 vittime; i numeri si stanno abbassando notevolmente solo perché le misure restrittive stanno dando i loro frutti: «Non dimenticheremo mai il via vai dei mezzi del 118 a sirene spiegate e i rintocchi di campane che annunciavano la morte di un nostro compaesano».

«Rivolgiamo un caloroso saluto alla nostra città e a tutti i trapanesi. A presto, Trapani!».

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