Un groviglio di interessi. Mafia, massoneria, servizi segreti deviati, politici collusi e imprenditori accondiscendenti. Trapani, la città falcata, abbracciata dai due mari, crocevia di traffici illeciti: armi e droga. Erano gli anni ‘80. L’eroina scorreva a fiumi, falcidiando giovani vite. Un business per Cosa Nostra, ma non solo.
Unica voce, capace di risvegliare le coscienze di una città sopita, quella di Mauro Rostagno, barbaramente assassinato nelle campagne di Lenzi, a pochi passi dalla comunità di recupero Saman, il 26 settembre del 1988. “Certamente è un delitto di mafia, ma altrettanto certamente non è un delitto di sola mafia”. Lo ha ribadito, a distanza di anni, l’ex pm Antonio Ingroia, che assieme ai colleghi Gaetano Paci e Francesco Del Bene, ha istruito il processo di primo grado per la morte del volto noto della piccola emittente locale Rtc, prima di abbandonare la magistratura.
Per il delitto Rostagno è stato condannato in via definitiva il capomafia trapanese Vincenzo Virga, accusato di essere il mandante. Condannato in primo grado ma poi assolto in appello e in cassazione il presunto killer, il valdericino Vito Mazzara.
“Le indagini andavano sicuramente proseguite dopo il processo, anche alla luce dei tanti fatti emersi nel corso del dibattimento", ha sottolineato Ingroia nell’ambito del convegno promosso dall’associazione antiracket e antiusura Trapani, per ricordare il giornalista e sociologo a 36 anni dalla morte. L'incontro è stato moderato dalla vicepresidente dell'associazione Maria Concetta Marino. Ad aprire i lavori, lo scrittore Salvatore Mugno.
"Possiamo approfittare della giornata - ha proseguito l'ex pm - per lanciare un appello alla Procura di Palermo affinchè apra un fascicolo Rostagno bis”.
Incalzato dalle domande del giornalista e corrispondente dell’Ansa, Gianfranco Criscenti, l’ex magistrato ha ripercorso le fasi delle indagini e i punti ancora oscuri che la giustizia non è stata in grado di chiarire.
“Il processo - ha ricordato Ingroia - è nato dalla perizia balistica richiesta dall’allora capo della Mobile di Trapani, Giuseppe Linares, e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che affermavano che non c’era prova diretta che l’ordine di uccidere fosse partito da Virga ma che verosimilmente avesse dato l’assenso al delitto nelle vesti di capomafia di Trapani”.
“Io non sono mai stato convinto - ha proseguito l’ex pm - che il movente del delitto Rostagno fosse legato soltanto a quello che diceva in tv. Mauro Rostagno era un pericolo anche per le inchieste che stava svolgendo sul traffico d’armi”.
Di traffici illeciti parlò nel corso del processo Rostagno anche l’ex ispettore della Mobile Antonino Cicero. La confidenza la ricevette da Pietro Ingoglia, all’epoca legato alla cosca mafiosa di Partanna. L’ex poliziotto riferì in aula che nel gennaio del 1988 proprio Ingoglia gli parlò di casse piene di droga e bombe che arrivavano all’aeroporto militare. Non è chiaro se parlasse di Birgi o la pista dismessa di Chinisia dove lo stesso Rostagno avrebbe filmato un aereo militare intento ad imbarcare armi. C’è anche un altro aeroporto, quello di Milo, gestito all’epoca da Cosa Nostra.
A provvedere alla manutenzione, secondo le testimonianze raccolte in aula, sarebbero stati proprio i Virga. Ci sono poi le testimonianze rese di fronte ai magistrati trapanesi di Francesco Elmo e il discusso uomo dei servizi segreti italiani Aldo Anghessa, morto a Dakar nel 2020. “A Trapani arrivavano vecchi Dc3 carichi di droga – rivelò il controverso 007 - provenivano da Libia o Tunisia, volavano a bassa quota sul mare per sfuggire ai radar”.
“L’unica certezza - ha concluso Ingroia - è che dall’88 al 96 ci sono stati otto anni di buio totale, di depistaggi, e si sa che purtroppo ogni anno che passa diventa sempre più difficile trovare il bandolo della matassa. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, comunque si è fatto il processo. Sono certo però che ci sono tanti altri colpevoli impuniti”.