Era il 23 dicembre del 1995 quando, in tarda serata, si diffuse la notizia di un omicidio avvenuto nella contrada Palma. Un omicidio che venne dichiarato “un regalo di Natale” che i capi mafia in libertà facevano ai detenuti al 41 bis. La vittima si chiamava Giuseppe Montalto e aveva solamente trent’anni. Era un poliziotto della penitenziaria e venne ucciso per aver sequestrato dei pizzini. Dal 1993, infatti, il trapanese Montalto venne trasferito nella sezione di massima sorveglianza dell’Ucciardone, destinata ai criminali mafiosi che, per dare ordini all’esterno, scrivevano e spedivano dei pizzini.
Montalto trovò per caso uno di questi – indirizzati ai boss Graviano, Ganci e Agate – e, dopo averlo sequestrato, denunciò l’accaduto. I boss, allora, decisero di ucciderlo. E decisero di farlo in un momento di festa, davanti la casa dei suoceri, sotto gli occhi impauriti della moglie incinta e della figlia di dieci mesi. Per l’omicidio è stato condannato all’ergastolo come esecutore materiale il valdericino Vito Mazzara – ex campione di tiro a volo – e furono riconosciuti come mandanti il super latitante Matteo Messina Denaro, il capo mafia trapanese Vincenzo Virga e il boss palermitano di Resuttana Nicolò di Trapani.
A venticinque anni dall'omicidio possiamo affermare che il sacrificio di Giuseppe Montalto non è stato vano. E lo dimostrano le testimonianze e le memoria dei più piccoli. Nel 1997 gli è stata assegnata la medaglia d’oro al merito civile alla memoria per aver svolto il suo compito con fermezza e alto senso del dovere. Una storia da non dimenticare. Una storia che, seppur siano passati 25 anni, merita di essere raccontata all’infinito per ricordare chi ha sacrificato tutto per rendere la Sicilia un posto più sano.
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