Il motopesca mazarese “Pegaso” salva 42 migranti che rischiavano di annegare a sud di Lampedusa

Redazione Prima Pagina Trapani
Redazione Prima Pagina Trapani
11 Novembre 2018 11:32
Il motopesca mazarese “Pegaso” salva 42 migranti che rischiavano di annegare a sud di Lampedusa

Ancora una volta un peschereccio di Mazara del Vallo protagonista di un salvataggio di migranti che solcano il Mediterraneo a bordo di barconi fatiscenti Ancora una volta la presenza di un motopesca mazarese nelle acque internazionali, questa volta a sud di Lampedusa, nello specchio acqueo antistante la Tunisia e Libia, ha permesso il salvataggio di disperati che tentano di solcare il Mediterraneo alla volta della tanto desiderata Europa.  Il salvataggio è avvenuto nelle prime ore di sabato 10 novembre quando a Mazara del vallo imperversava il maltempo che avrebbe di lì a qualche ora fatto straripare il fiume Mazaro provocando l’affondamento ed il danneggiamento di decine di imbarcazioni della piccola pesca ormeggiate lungo il porto canale non dragato da circa quarant’anni.

Protagonista del salvataggio dei migranti è stato l’equipaggio del motopesca “Pegaso” della ditta Gancitano Pesca dell’armatore Leonardo Gancitano. Erano circa le ore 5 del mattino quando  il peschereccio che stava avviando una bordata di pesca a calamari e triglie ha incrociato, a 37 miglia a sud di Lampedusa, un barcone in evidente difficoltà, viste le condizioni meteomarine, con a bordo 42 migranti, 40 uomini e 2 donne. L’equipaggio del motopesca non ha esitato di fronte alla possibilità di una ennesima tragedia in mare a far trasbordare i migranti, un’operazione difficile, ma riuscita con successo (in foto di copertina: alcuni del gruppo migranti a bordo del motopesca Pegaso).

Il comandante ha avvertito le Autorità marittime e si è diretto verso il porto di Lampedusa. Alle ore 11 il motopesca è stato raggiunto da mezzi della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza. Alle 14.30, migliorate le condizioni meteomarine, al peschereccio è stato consentito di entrare nel porto di Lampedusa. Alle 20.30 è stato autorizzato lo sbarco dei migranti trasferiti in un centro di accoglienza. A mezzanotte il peschereccio ha ripreso la navigazione verso le zone di pesca. Come già più volte da noi sottolineato, i pescatori mazaresi ormai sono considerati da anni veri e propri “angeli del mare”, avvertito il pericolo corrono in soccorso dei migranti che a bordo di fatiscenti barconi tentano il viaggio della speranza dalle coste del Nordafrica alla Sicilia; i pescherecci lasciano la loro faticosa attività di pesca e senza ricevere nessun contributo corrono in soccorso dei migranti rischiando, talvolta, anche loro di essere travolti dalla forza del mare.

Sono gli stessi pescherecci mazaresi che rischiano pur operando in acque internazionali davanti la Libia di essere fermati e sequestrati dalle motovedette nordafricane con l’accusa di trovarsi in una “zona economica esclusiva” che la Libia ha istituito unilateralmente nel 2005 e che si estende 62 miglia oltre le 12 nazionali; un contenzioso che le istituzioni nazionali ed europee non hanno mai risolto e che mette a rischio l’attività dei pescatori mazaresi che in quel tratto di acque internazionali esercita storicamente la pesca al gambero rosso.

Tornando ai migranti, questi provengono spesso da vari Paesi subsahariani e dell’Africa nera, per sfuggire a guerre e dittature iniziano da mesi un cammino fino ai centri dislocati fra Libia e Tunisia dove eserciti di trafficanti senza scrupoli, dopo aver preso circa 1000 dollari a testa da ciascuno disperato, li preparano alla partenza in veri e propri campi di concentramento; in molti non ce la fanno a superare le angherie e le sofferenze vissute prima di esser portato sul luogo di imbarco.

Si tratta di una vera e propria rete che alimenta il business dei migranti gestito in Italia da organizzazioni noprofit che ricevono aiuti di governo con l’allestimento estemporaneo di case di accoglienza. Quello che ci sta in mezzo, il mare Mediterraneo, è luogo di una grande storia di umanità e solidarietà oltre che di disperazione e morte.   Francesco Mezzapelle  

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