Don Giuseppe Grignano, attività parrocchiale e progetti al tempo del Covid

Redazione Prima Pagina Trapani
Redazione Prima Pagina Trapani
20 Gennaio 2021 11:34
Don Giuseppe Grignano, attività parrocchiale e progetti al tempo del Covid

Lei è parroco, da un anno esatto, della comunità di San Giuseppe – a Castellammare del Golfo – e, da quattro mesi, della comunità Sant’Antonio. Come va l’attività parrocchiale in questo momento e come sono cambiate dopo il Covid-19? In questo momento l’attività parrocchiale va molto a rilento e a singhiozzo, un po’ come tutte le altre cose. L’unico aspetto della vita parrocchiale che rimane “quotidiano” è la vita liturgica e di orazione con i rosari, le messe e gli altri incontri di preghiera, anche se vissuto in forma totalmente diversa con distanze e varie accortezze a cui prima non eravamo abituati.

Molte altre attività proviamo a farle online, altre le abbiamo sospese, altre cerchiamo di adattarle alle situazioni e alle norme. Il COVID-19 ha cambiato la nostra vita pastorale e ci stimola a formulare nuovi strumenti e mezzi di evangelizzazione, davanti anche a una sempre minore ricerca e a un desiderio di accostarsi alla vita sacramentale che si respira attorno a noi. Infatti la partecipazione alla vita liturgica da parte della gente si è notevolmente affiochita. Forse per paura o per prudenza, ma forse anche come controindicazione dell’uso dei mass-media.

Da poco è arrivata la notizia che il progetto Il Buon Samaritano della parrocchia San Giuseppe è stato selezionato nel bando Ripartenze inclusive della fondazione comunitaria di Agrigento e Trapani. In cosa consisteva il bando, in cosa consiste il progetto e come è possibile aiutarvi? La Fondazione Comunitaria di Agrigento e Trapani ha promosso questo bando per le ripartenza nei territori attraverso progetti di promozione umana e sociale, soprattutto delle classi deboli e meno abbienti.

La nostra parrocchia già da anni lavora nel sociale e nella promozione umana attraverso la Caritas parrocchiale con la distribuzione di viveri e il centro di ascolto. Negli ultimi due anni si è arricchita anche di un servizio di vestiario con la Bottega del sorriso, con la quale forniamo vestiario usato – donato dalle persone – a chi ne fa richiesta. Da aprile scorso il nostro impegno è aumentato con il sostegno alle famiglie bloccate nel lavoro e che vivevano una profonda crisi economica e alimentare.

Siamo diventati il punto di riferimento cittadino per fronteggiare il bisogno di circa 400 nuclei familiari. Da questa esperienza, vista la fatiscenza dei locali dove opera la Caritas parrocchiale e l’incremento di richiesta di aiuti delle famiglie che fronteggiano ancora la crisi, abbiamo pensato a questo progetto che ci permetterà di avere degli ambienti più ampi e ben sistemati, senza barriere architettoniche e più fruibili per l’utenza, in modo di favorire il lavoro dei volontari. Inoltre il progetto prevede alcune migliorie per la Bottega del sorriso e l’acquisto di strumentazione per lanciare un nuovo servizio di doposcuola nei locali della parrocchia.

L’idea è quella di migliorare il nostro servizio di aiuto nella promozione umana e sociale delle famiglie che assistiamo, attraverso un incremento anche delle attività che possiamo fare per loro. Il bando Ripartenze inclusive prevede che la Fondazione partecipi al 70% delle spese del progetto. Il restante 30% deve essere raccolto attraverso una campagna di crowdfunding sulla piattaforma della banca Intesa-San Paolo. Per aiutarci è possibile fare una donazione – anche piccola ma se saremo in tanti sarà più facile raggiungere l’obiettivo – attraverso la piattaforma a favore del progetto  https://www.forfunding.intesasanpaolo.com/DonationPlatform-ISP/nav/progetto/buon-samaritano.

Le donazioni tramite il sito possono usufruire della ricevuta per ottenere gli sgravi fiscali. Da circa un anno viviamo una situazione critica e difficile per tutti, siano essi bambini, adolescenti o adulti. Ma abbiamo visto anche una maggiore solidarietà umana per i più bisognosi. Ha riscontrato anche lei questo aiuto all'interno delle sue comunità?  La pandemia ci sta facendo riflettere sul valore autentico della comunità, permettendoci di riscoprire l’importanza della solidarietà, perché come ha detto più volte Papa Francesco «nessuno si salva da solo ma tutti ci salviamo insieme agli altri».

In questi mesi, insieme ai volontari della Caritas, abbiamo riscoperto lo spirito di solidarietà e di aiuto concreto di tante famiglie, singoli e aziende che hanno voluto fare la loro parte in questa lotta contro la crisi economica, sociale e alimentare seguita dalle giuste restrizioni per contrastare la pandemia. Ci ha rincuorato e riscaldato il cuore vedere che anche chi ha poco di più degli altri e non gli manca il necessario è stato pronto a condividere qualcosa con chi è proprio senza nulla.

Questo ci fa ammirare come può amare l’uomo e quanto bene può fare. Papa Francesco dice che «A immagine del Buon Pastore, il prete è uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti». In questo periodo è più difficile essere vicini alla gente della sua comunità? Cosa si può fare per essere più vicini? Il Papa ci affida un modello di vita del prete che sa stare in mezzo al suo gregge e fa della prossimità la scelta principale del suo ministero, così come ha fatto il Signore con l’umanità scegliendo di farsi uomo.

Sicuramente le restrizioni non ci permettono di stare al contatto ravvicinato con chi solitamente visitiamo o incontriamo nel nostro servizio giornaliero: anziani, ammalati, bambini, ragazzi, giovani, famiglie e persone che chiedono un ascolto e un confronto amico. Questo però non mette in stand-by la nostra attività pastorale e la nostra fantasia apostolica, ma ci stimola a trovare nuove formule e mezzi per restare accanto a chi è più debole e fragile, a chi ha bisogno di ascoltare la parola di Gesù e chiede di crescere nella vita cristiana.

Anche noi stiamo adattando il nostro ministero alle restrizioni che il tempo ci chiede, senza dimenticare però che nulla potrà mai sostituire la bellezza e la pienezza che il contatto umano porta con sé, in attesa di poterlo recuperare appena sarà possibile.  Un'ultima domanda che può essere anche un messaggio di speranza. In una recente intervista Papa Francesco ha detto che spetta a noi uscire migliori dalla pandemia. In che modo, secondo lei, si può migliorare? La nostra umanità ha bisogno di riscoprire ciò che veramente conta ed è importante al di là del consumismo che ci avvolge e travolge.

La pandemia potrà essere una palestra di saggezza e di vera umanità se sapremo sederci alla scuola della storia senza trasformare questi mesi in una brutta parentesi buia da dimenticare, ma in una complessa lezione di vita da sintetizzare e valorizzare. Tutto ciò che abbiamo detto nelle domande e risposte precedenti può trasformarsi in scelta e stile di vita se sapremo approfittare di quello che il COVID-19, con pugno duro, ci ha costretto a vivere. Ripartire dalla solidarietà e dalla comunità, riscoprire la famiglia – prima cellula educativa e focolare delle relazioni vere –, educarci all’uso sano delle tecnologie per avvicinare chi resta a casa per malattia o impossibilità a uscire, abituarsi alla cura e alla priorità della salute nostra e del fratello anche su alcune libertà che per noi erano inderogabili, vivere nell’attenzione e nel rispetto del più fragile senza presunzione o dominio di onnipotenza.

Questo e molto altro potrà insegnarci la storia di questo frangente storico, ma noi siamo certi che vogliamo sederci sui banchi per lasciarci istruire oppure vogliamo continuare a vagare con la mente dentro l’egoismo e l’egocentrismo delle convenienze?

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