Disperazione delle donne dei pescatori tunisini sequestrati a Bengasi: “non ci è stato concessa la telefonata. I nostri uomini lavorano a Mazara da oltre 30 anni”

Redazione Prima Pagina Trapani
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24 Novembre 2020 09:47
Disperazione delle donne dei pescatori tunisini sequestrati a Bengasi: “non ci è stato concessa la telefonata. I nostri uomini lavorano a Mazara da oltre 30 anni”

“Non ce la facciamo più, vogliamo riabbracciare al più presto i nostri pescatori. La telefonata non ci basta più, sono vivi ma prigionieri, devono tornare a casa. Il Governo italiano ci ascolti”. Questo è quanto chiedono i familiari dei diciotto pescatori sequestrati insieme ai due pescherecci mazaresi “Medinea” e “Antartide” lo scorso primo settembre a 35 miglia circa dalla Libia. I diciotto marittimi (otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi) sono detenuti dall’8 settembre presso il carcere di el Kuefia, a 15 km sudest di Bengasi, controllato dai fedelissimi del generale Khalifa Haftar colui che comanda in Cirenaica e con il quale il Governo italiano ha difficoltà a trattare.

Le mogli e le madri dei pescatori mazaresi sono molto preoccupate, da giorni non hanno notizie, così ribadiscono: “ i nostri pescatori hanno bisogno di aiuto, sono in carcere non lo dimentichiamo. Nella telefonata dell’11 novembre hanno detto di stare si bene ma anche che avevano bisogno di uscire subito da quel posto”. Parlano anche le madri, mogli e figli dei sei pescatori tunisini sequestrati, sottolineano: “da ottanta giorni non abbiamo loro notizie. A noi non ci è stato concesso di potere parlare con i nostri pescatori.

La Farnesina – dicono le mogli (in foto copertina alcune di loro nel corso di un recente flash mob)- ci ha detto che per parlare con i nostri marittimi ci avrebbe pensato l’Ambasciata tunisina. Non riusciamo proprio a comprendere questa cosa. Da più di trent’anni i pescatori tunisini lavorano e pagano le tasse e contributi in Italia. Siamo deluse”. Non è chiaro comunque il perché non sia stato concessa alle famiglie tunisine di parlare con i propri pescatori; è probabile che siano state le stesse autorità cirenaiche a non consentire la telefonata.

Sulla questione il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, è molto chiaro: “questi diciotto uomini sono tutti appartnenti alla comunità marinara mazarese, noi chiediamo che tutti e diciotto tornino insieme a Mazara del Vallo e che l’impegno da parte del Governo si profuso per tutti quanti. Ad ogni modo non conosciamo come le trattative diplomatiche si stiano svolgendo. Abbiamo percezione –aggiunge Quinci- che soltanto nelle ultime settimane il nostro Governo abbia intensificato gli sforzi per la soluzione della vicenda adesso serve però un ulteriore sforzo per la liberazione.

Bisogna mettere in campo tutte le iniziative diplomatiche possibili per portare i pescatori, tutti e diciotto, ed i due pescherecci a casa”. Il primo cittadino mazarese, il presidente del Consiglio comunale, Vito Gancitano, ed sindacati Uila Pesca, Flai Cgil e Fai Cisl sono vicini a tutti i familiari dei pescatori sequestrati, e agli armatori dei due motopesca, i quali dichiarano di esser pronti a nuove iniziative per tenere alta l’alta l’attenzione sulla vicenda, anche quella di tornare a Roma nel "loro presidio” di piazza Montecitorio.

Nel frattempo stasera, alle ore 19 presso la parrocchia Santa Maria di Gesù di Mazara del Vallo, si terrà una veglia di preghiera presieduta dal vescovo della Diocesi Domenico Mogavero. Si tratta del secondo momento di preghiera che si celebra per i marinai nelle mani delle milizie di Haftar. Una prima veglia fu celebrata il 24 ottobre scorso nella parrocchia San Lorenzo in quell’occasione a rappresentare le famiglie dei pescatori di religione musulmana fu l’imam della moschea di Mazara, Ahmed Tharwa, che insieme a Mogavero lanciò un appello proprio al generale Khalifa Haftar, colui che comanda in Libia Cirenaica, per la liberazione di tutti pescatori.

Alla luce dei nuovi fatti sarebbe ancora oggi più importante la presenza alla veglia della comunità tunisina con loro rappresentanti al fine di rilanciare un unico appello per la liberazione dei pescatori. Francesco Mezzapelle

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